L’identità aziendale ai tempi della pandemia

Uno spazio condiviso contribuisce a creare una comunità e a definire un’identità.

Anche quella aziendale.

Fino ad un recente passato i grandi gruppi hanno privilegiato come sede nuovi uffici che potessero connotare la propria identità organizzativa, ridisegnando così anche lo skyline delle città.

Con l’emergenza sanitaria però è cambiato tutto: più della metà delle imprese (53%) in base ad una ricerca di Cisco System ha ridotto se non disdetto questi stessi spazi.

E tra i collaboratori prevale ancora il timore di varcare la soglia dell’ufficio – secondo i dati di UniSalute Spa e Nomisma, per paura che i colleghi non rispettino i protocolli di sicurezza (45%) o per il rischio di essere infettati nel tragitto casa-lavoro (31%).

Il #lavorodacasa è quindi diventato la “nuova normalità”, se oltre il 90% degli intervistati da Cisco ha dichiarato che non tornerà in ufficio a tempo pieno.

Una nuova identità aziendale

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Come ridefinire e rinforzare allora l’identità aziendale, nell’era della lontananza fisica? Quali parole e messaggi possono sostituire rituali quotidiani come il caffè con i colleghi o il pranzo di lavoro?

Al di là dei timori attuali, a molti manca – e molto! – questa socialità quotidiana.

Trovarsi a casa propria, che in molti casi non è pensata – né come metri quadri né come divisione degli spazi – per starci tutto il giorno può risultare alienante.

Un collaboratore su cinque (il 21%) secondo Linkedin fatica infatti a “staccare la spina”, ma anche a concentrarsi durante il giorno (26%) e a dormire la sera (27%).

Non vedersi di persona, non avere momenti informali di confronto è penalizzante, se pensiamo che il 90% di quello che diciamo è non verbale, passa cioè attraverso il tono della voce e la mimica del nostro corpo.

Difficile quindi interpretare cosa davvero un superiore ci ha voluto comunicare e se è soddisfatto, per esempio, del nostro lavoro.

Un nuovo senso di appartenenza

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E qui entra in gioco l’altro fattore cruciale: l’identità aziendale e la capacità dell’organizzazione di saper costruire su solide basi, che non sono più quelle fisiche dell’ufficio, un’identità e un senso di appartenenza.

Una serie di parole e di messaggi che sappiano sostituire i sorrisi, i gesti più famigliari e “fisici”.

Non a caso in molte aziende durante la pandemia l’amministratore delegato in persona, o il direttore generale, hanno come si diceva un tempo “preso carta e penna” – oggi è una mail o un post social – e trasmesso a tutti i propri collaboratori la vicinanza dell’azienda, richiamando valori e identità comune.

Come ha scritto la società di consulenza McKinsey in un recente articolo “Communications get personal”:

i leader di oggi devono saper parlare al cuore delle persone e motivarle in un graduale ritorno alla nuova normalità.

Parole e nuovi rituali: è altrettanto importante che i responsabili di risorse umane e comunicazione, congiuntamente, sappiano ricreare un senso di vita quotidiana con nuovi gesti – rispettando tutte le norme di sicurezza – basato su uno storytelling condiviso di ciò che è successo e delle prospettive future.

Il periodo è difficile ma l’occasione è unica: rinsaldare la propria identità aziendale e rendere partecipi le persone del cambiamento attraverso il dialogo.