Eliminare lo stress dalle conversazioni stressanti

di Holly Weeks

La nostra vita è fatta di parole. È semplicemente la caratteristica della nostra razza. Chiacchieriamo, spettegoliamo, sparliamo e scherziamo. Ma talvolta – più spesso di quanto vorremmo – dobbiamo affrontare delle conversazioni stressanti, quegli scambi intensi che possono ferirci o assillarci in modi impensabili per altri tipi di dialogo. Le conversazioni stressanti non si possono evitare nella vita privata, e sul lavoro possono spaziare dal licenziare un dipendente persino al riceve un elogio. Tuttavia, indipendentemente dal contesto, le conversazioni stressanti sono diverse dalle altre per il carico emotivo che si portano dietro. In questi dialoghi emergono l’imbarazzo, la confusione, l’ansia, la rabbia, il dolore e la paura, se non in noi stessi, almeno nel nostro interlocutore. Effettivamente, le conversazioni stressanti causano così tanta ansia che molte persone semplicemente fanno di tutto per evitarle, e non è detto che questa strategia sia sempre sbagliata. Una delle prime regole di strategia, dopo tutto, è quella di scegliersi le proprie battaglie. Eppure talvolta può costare molto caro evitare una rogna, venire a patti con le persone difficili o sorvolare sulle rivalità per il semplice fatto che questo comportamento di solito fa peggiorare problemi e relazioni.

Visto che le conversazioni stressanti sono così frequenti, e così fastidiose, perché non impegnarsi a migliorarle? La ragione è proprio il fatto che i nostri sentimenti sono coinvolti profondamente. Quando non siamo emotivamente coinvolti in una questione, infatti, sappiamo bene che il conflitto è normale, che può essere risolto, o almeno affrontato, ma quando entrano in gioco i sentimenti, molti di noi vengono destabilizzati e come un quarterback che si incaglia in una difesa particolarmente stretta noi tutti perdiamo la speranza di arrivare alla linea di meta.

Negli ultimi 20 anni, ho tenuto corsi e workshop in alcune delle principali aziende e università degli Stati Uniti sulla comunicazione durante conversazioni stressanti e, usando le aule come veri e propri laboratori, ho imparato che la maggior parte delle persone non si sente in grado di affrontare temi che la coinvolgono emotivamente. È come se tutte le nostre capacità sparissero e non fossimo più in grado di pensare lucidamente a ciò che sta avvenendo e a come ottenere un buon risultato.

Eppure le conversazioni stressanti non devono per forza andare in questo modo. Ho notato che i manager possono, dal canto loro, gestire meglio conversazioni difficili se le affrontano con maggiore consapevolezza di sé, se si preparano in anticipo e applicano tre semplici tecniche di comunicazione consolidate. Non fraintendetemi: non ci sarà mai un approccio semplice e risolutivo alle conversazioni stressanti. Ci sono troppe variabili e troppa tensione e le interazioni tra persone in situazioni difficili sono sempre una storia a sé. Tuttavia, è possibile considerare ogni conversazione stressante come la combinazione di numero limitato di conversazioni-base, ciascuna con il proprio specifico insieme di problemi. Nelle pagine che seguono esploreremo come prevedere e gestire questi problemi, ma prima dobbiamo esaminare tre conversazioni stressanti base in cui spesso ci imbattiamo sul luogo di lavoro.

Devo darti una brutta notizia”

Dare cattive notizie è solitamente difficile da entrambi i lati: chi parla, spesso, è nervoso e chi ascolta è teso perché non sa dove si andrà a parare. Prendiamo come esempio David, il direttore di un’organizzazione non-profit, che si è trovato nella scomoda posizione di dover parlare ad un ambizioso ricercatore, Jeremy, che aveva un’opinione del proprio lavoro molto più alta di quella degli altri membri dell’organizzazione. Inoltre, a complicare la situazione, Jeremy aveva in precedenza ricevuto valutazioni esageratamente positive, per tutta una serie di ragioni. Innanzi tutto la filosofia dell’organizzazione: il non-profit non è un ambiente competitivo. Inoltre, Jeremy aveva una stima spropositata sia nelle proprie abilità personali, sia nel valore del proprio percorso formativo universitario. Tutto ciò, unito al suo mettersi sulla difensiva anche alla minima critica aveva portato i suoi colleghi, compreso David, ad evitare discussioni su alcune fragilità che condizionavano la capacità di Jeremy di svolgere un lavoro di eccellenza. Jeremy, per esempio, aveva un’ironia caustica che aveva offeso alcune persone dentro e fuori il suo ufficio. Nessuno gli aveva detto nulla direttamente, ma col passare del tempo sempre più persone erano riluttanti a lavorare con lui. Non avendo ricevuto praticamente nessuna critica negli anni, lo stile mordace di Jeremy era ormai radicato e lo staff era insofferente.

In conversazioni di questo tipo, la sfida principale è partire con il piede giusto: se lo scambio inizia in modo ragionevolmente positivo, il resto ha buone possibilità di procedere altrettanto bene, ma se l’inizio va male, questo rischia di rovinare tutto il resto della conversazione. Nel tentativo di essere gentili, molte persone iniziano queste conversazioni con un tono leggero, così come fece David, iniziando con: “Come li vedi i Red Sox quest’anno?”.

Naturalmente Jeremy si fece l’idea sbagliata sulle intenzioni di David e mantenne il proprio atteggiamento di arrogante superiorità. Quando David se ne rese conto, pensò di doversi togliere i guanti di velluto e improvvisamente parlò in modo brutalmente onesto, praticamente con un monologo al termine del quale Jeremy aveva uno sguardo gelido fisso sul pavimento. Si alzò in assoluto silenzio e se ne andò, con grande sollievo di David. Dal suo punto di vista, lo scambio era stato doloroso, ma rapido. Osservò con sarcasmo che non c’era poi molto sangue sul pavimento. Due giorni dopo, però, Jeremy diede le dimissioni portando via una bella fetta di memoria aziendale, e di talento, con sé.

Cosa sta succedendo qui?”

Spesso sentiamo le conversazioni stressanti incombere su di noi, tuttavia, alcune delle peggiori conversazioni, soprattutto per chi vorrebbe evitare i conflitti, sono quelle impreviste che scoppiano come un temporale in estate. Improvvisamente la conversazione si carica intensamente di emozioni e l’elettricità si avverte nell’aria. Il peggio è che niente sembra avere un senso: è come se fossimo immersi in una nube nera fatta di logica distorta e sensibilità alterata.

Prendiamo il caso di Elizabeth e Rafael, due team leader che lavoravano insieme su un progetto per un’importante azienda di consulenza. Sembrava che tutto ciò che sarebbe potuto andare storto nel progetto fosse andato male e il lavoro si fosse pesantemente impantanato. I due consulenti si stavano incontrando per rivedere la pianificazione, a causa dei ritardi accumulati, e per dividersi i compiti più sgradevoli per le settimane successive. Mentre stavano parlando, Elizabeth scriveva e cancellava sulla lavagna e quando ebbe finito guardò Rafael e disse, in tono conclusivo, “E così, no?”
Rafael strinse i denti per lo scoraggiamento e disse freddamente: “Se lo dici tu…”. Elizabeth si fermò a riflettere, ripercorrendo mentalmente il dialogo precedente, ma non riusciva a capire cosa avesse dato fastidio a Rafael e la sua reazione le sembrava del tutto incongruente con ciò che lei aveva detto. La reazione più comune per qualcuno nella posizione di Elizabeth è quella di difendersi colpevolmente negando l’accusa implicita di Rafael, ma lei non si sentiva a proprio agio con il conflitto e quindi cercò un accomodamento balbettando: “Mi dispiace Rafael, ho sbagliato qualcosa?”
“Chi ti ha dato il comando?”, replicò lui. “Chi ti ha detto che potevi dirmi cosa devo fare?”

Chiaramente, Rafael ed Elizabeth erano incappati in una conversazione difficile: qualcosa è andato storto, ma Elizabeth non sa esattamente che cosa. Si sente presa alla sprovvista perché il suo tentativo di accelerare il lavoro è stato del tutto frainteso. Rafael si sente messo in una posizione di inferiorità da quello che lui interpreta come un comportamento direttivo da parte di Elizabeth. Inspiegabilmente, sembra che ci siano più di due persone a prendere parte a questa conversazione e questi convitati di pietra stanno creando un notevole intralcio. Quale esperienza infantile, potremmo chiederci, ha fatto nascere in Elizabeth l’idea preconcetta che il disagio di Rafael sia per forza colpa sua? E chi sta influenzando la percezione di Rafael di essere prevaricato da Elizabeth? Forse suo padre? La moglie? Impossibile dirlo. Allo stesso tempo è difficile, per noi, liberarci dalla sensazione che Rafael abbia avuto una reazione esagerata quando ha accusato Elizabeth di una presunta volontà di assumere il controllo.

Il risentimento di Rafael investì Elizabeth come un’onda e lei si scusò ancora: “Scusa. Come vuoi che ci dividiamo il lavoro?” Rimettendosi in questo modo alla decisione di Rafael, lei allentò la tensione nell’atmosfera sul momento, ma creò un precedente per uno squilibrio di potere tra i due che né Elizabeth, né la dirigenza aziendale pensavano fosse corretto. Peggio ancora: dato che Rafael ed Elizabeth rimasero nello stesso team dopo questo fastidioso episodio, lei si irritò per questo squilibrio di potere e tre mesi dopo abbandonò il progetto.

Mi stai attaccando!”

litigare in riunione

Rivolgiamo ora la nostra la nostra attenzione alle conversazioni stressanti aggressive, quelle in cui le persone usano ogni mezzo psicologico e retorico per destabilizzare la controparte, minarne le affermazioni, fino al punto di ridicolizzarla e sminuirla. Queste “tattiche da guastatore” assumono molte forme diverse – volgarità, manipolazione, urla – e non tutti siamo provocati o disorientati dalle stesse. Il punto critico non si raggiunge mai solamente con l’impiego di una tattica da guastatore, ma con la sua associazione con la vulnerabilità dell’interlocutore.

Consideriamo il caso di Nick e Karen, due senior manager che lavoravano allo stesso livello in un’azienda del settore IT. Karen stava tenendo una presentazione per un cliente e le informazioni erano deboli e male organizzate. Lei e il suo team non erano in grado di rispondere nemmeno a domande molto semplici e il cliente era stato prima paziente, poi taciturno e infine chiaramente irritato. Quando la presentazione iniziò davvero a crollare, il cliente diede il colpo di grazia con una serie di domande che fece emergere tutta l’inadeguatezza del team.

In quell’occasione, Nick non era parte del team che stava facendo la presentazione, ma era lì semplicemente come osservatore ed era stupito della figuraccia di Karen almeno quanto il cliente. Dopo che questi se ne fu andato, chiese a Karen cosa fosse successo. Lei reagì nervosamente mettendosi sulla difensiva: “Non sei il mio capo, quindi non mi fare la predica. Mi sminuisci qualunque cosa io faccia!” Karen continuò ad urlare in faccia a Nick con una rabbia palpabile e ogni volte che lui cercava di parlare lei lo lo interrompeva con accuse e minacce: “Non vedo l’ora di vedere che faccia farai quando la gente ti lascerà annaspare senza fare nulla!” Nick cercò di rimanere ragionevole, ma Karen non sbolliva in alcun modo: “Karen”, le disse, “datti una calmata, stai distorcendo tutto ciò che dico.”

In questo caso il problema di Nick non era che Karen stesse usando una serie di tattiche da guastatore, ma che tutte le sue tattiche – accusa, distorsione della realtà e digressione – erano aggressive e questo alzava di molto la posta in gioco. Molti di noi sono vulnerabili alle tattiche aggressive perché non sappiamo fin dove si spingerà l’aggressore. Nick voleva evitare l’aggressione da parte di Karen, ma il suo ricorso alla razionalità rispetto all’emotività di lei non funzionava. Il suo approccio ragionevole era stato sbaragliato da quello aggressivo di Karen e quindi Nick si ritrovò intrappolato lì dove Karen voleva. In particolare, non avrebbe saputo dire se le sue minacce di vendicarsi quando un cliente lo avesse messo in difficoltà fossero credibili. Decise così di rivolgersi al direttore generale che divenne sempre più insofferente e poi decisamente irritato nei confronti di Nick e Karen e della loro incapacità di risolvere i loro problemi. 

In conclusione, la loro incapacità di gestire le proprie conversazioni difficili è costata loro molto cara. Entrambi non ottennero una promozione perché l’azienda individuò la causa della perdita di clienti nella loro persistente incapacità di comunicare.

Prepararsi per una conversazione stressante

Come possiamo prepararci, allora, per queste tre conversazioni stressanti tipo, prima che abbiano luogo? Un buon inizio è essere consapevoli delle proprie fragilità nei confronti di alcune persone e situazioni. David, Elizabeth e Nick non sono stati in grado di controllare le proprie controparti, ma le loro conversazioni stressanti sarebbero andate molto meglio se fossero stati maggiormente consapevoli delle proprie vulnerabilità. È importante, ad esempio, per chi è vulnerabile all’ostilità altrui sapere come reagisce di solito in questa situazione. Preferisce ritirarsi o alzare il livello dello scontro? Calmarsi o contrattaccare? Anche se una reazione non è per forza migliore dell’altra, sapere come reagisci di solito in una situazione stressante ti può insegnare moltissimo sulle tue fragilità e aiutarti a gestire questo tipo di eventi.

Ritorniamo al problema di Nick. Se fosse stato più consapevole di sé, avrebbe saputo che tende a comportarsi in modo ostinatamente razionale di fronte a esplosioni aggressive come quelle di Karen. La scelta di Nick di un comportamento di basso profilo ha dato a Karen il controllo sulla conversazione, ma non avrebbe mai dovuto permettere a Karen, o a chiunque altro, di sfruttare la sua vulnerabilità. Prendendosi qualche momento di serena riflessione personale, quando non è impegnato in una conversazione stressante dal vivo, Nick può impiegare del tempo per riflettere sulla propria incapacità di tollerare eccessi verbali aggressivi e irrazionali. Questo livello di autocoscienza gli avrebbe consentito di prepararsi, non per le accuse inaspettate di Karen, ma per la propria prevedibile vulnerabilità a qualsiasi assalto violento come il suo.

Anche se potrebbe sembrare, costruire la propria consapevolezza non significa fare un’autoanalisi infinita. Significa semplicemente, in gran parte, rendere più esplicita la nostra tacita conoscenza di noi stessi. Sappiamo tutti dalle esperienze passate, ad esempio, che tipo di conversazioni e persone gestiamo male e allora, quando ti trovi in una conversazione difficile, chiediti se questa è una di quelle situazioni e se coinvolge una di quelle persone. Ad esempio, ti metti a ringhiare di fronte a un concorrente prepotente? Ti spegni quando ti senti escluso? Una volta che sai quali sono i tuoi punti deboli, puoi anticipare la tua vulnerabilità e migliorare la tua risposta a determinate situazioni e persone.

Ottenere un buon livello di autocoscienza vi aiuterà spesso a non impegolarvi in una discussione seguendo solo le vostre sensazioni del momento, ma piuttosto a cercare di soddisfare i vostri veri bisogni. Ripensiamo a David, il capo dell’organizzazione non-profit, e a Jeremy, il suo arrogante subordinato. Data la storia di Jeremy, la strategia conversazionale di David — partire con dolcezza e poi, vedendo che non otteneva risultati, sganciare una bomba dolorosa, ma rapida — era perdente in partenza.

Un approccio migliore da parte di David sarebbe stato quello di dividere la conversazione in due parti. In un primo incontro, avrebbe potuto sollevare le questioni centrali dell’umorismo pungente di Jeremy e delle sue prestazioni deludenti. Avrebbero poi potuto affrontare in un secondo incontro la discussione vera e propria su quelle questioni. Gestire la situazione in modo incrementale avrebbe permesso a David e Jeremy di prepararsi per un vero dialogo invece che ridurlo ad un monologo da parte di uno di loro. Dopotutto, questa non era un’emergenza e David non doveva esaurire immediatamente l’argomento. In effetti, se David fosse stato più consapevole di sé, avrebbe potuto riconoscere che l’approccio che aveva scelto era dettato meno dalla personalità di Jeremy che dal suo stesso bisogno di evitare il conflitto.

Un modo eccellente per ovviare a problemi specifici che potresti incontrare in una conversazione stressante è provare con un amico neutrale. Scegli qualcuno che non abbia i tuoi stessi problemi di comunicazione. Il meglio sarebbe trovare un amico che sia un buon ascoltatore, onesto ma non giudicante. Inizia con il contenuto. Prova a dire al tuo amico semplicemente cosa vuoi dire alla tua controparte senza preoccuparti del tono o delle parole. Sii scorretto, sii timido, sarcasticamente spiritoso, usa un giro di parole, ma tiralo fuori. Ora rifletti su ciò che hai detto e pensa a cosa diresti se la situazione non fosse carica emotivamente. Il tuo amico può aiutarti perché non è in preda all’emozione della situazione. Prendi qualche appunto su quello che ti viene in mente perché se non lo fai, lo dimenticherai più tardi.

Ora perfeziona la scelta delle parole. Quando immagini di parlare con la controparte, la tua scelta dei termini tende ad essere molto rigida, e puoi pensare ad un solo modo per dire qualcosa. Ma quando il tuo amico ti dice “Dimmi come vuoi dirlo”, accade una cosa interessante: la tua scelta delle parole è spesso molto migliore, molto più ragionata e funzionale. Ricorda, puoi sempre dire quello che vuoi dire, semplicemente spesso non puoi dirlo in quel modo.

Inoltre, lavora con il tuo amico sul tuo linguaggio del corpo. Vi metterete presto a ridere a causa delle espressioni che verranno fuori: sopracciglia che saltellano su e giù, le gambe avvolte l’una sull’altra come trecce di liquirizia, risatine nervose che verranno sicuramente interpretate male. (Per ulteriori informazioni su come prepararsi alle conversazioni stressanti, guardate il riquadro “Il DNA della gestione delle conversazioni”).

Gestire la conversazione

Sebbene sia importante acquisire consapevolezza e allenarsi prima di una conversazione stressante, questi passaggi non sono sufficienti. Spendiamo due parole su cosa puoi fare mentre la conversazione si svolge. Pensiamo ad Elizabeth, la team leader accusata dal proprio collega di voler usurpare un ruolo di controllo. Non riusciva a pensare lucidamente durante le situazioni conflittuali impreviste, e lo sapeva, quindi avrebbe avuto bisogno di alcune frasi fatte, pronte all’uso, frasi che avrebbe potuto ricordare sul momento in modo da non dover tacere o inventare qualcosa sull’onda emotiva del momento. Sebbene tale soluzione sembri semplice, la maggior parte di noi non ha a portata di mano una valigetta degli attrezzi di tattiche conversazionali. Ovviare a questa mancanza è un elemento essenziale per imparare a gestire meglio le conversazioni stressanti. Dobbiamo imparare le abilità comunicative, così come impariamo la rianimazione cardio-polmonare: con largo anticipo e sapendo che quando avremo bisogno di usarle, la situazione sarà critica e tesa. Vi propongo tre mosse colloquiali a prova di bomba. La particolare formulazione potrebbe non adattarsi al vostro stile e va bene. L’importante, però, è capire come funzionano le tecniche e quindi scegliere la scelta dei termini più adatta a voi.

Onora il tuo partner

team building

Quando David ha dato un feedback negativo a Jeremy, sarebbe stato utile se avesse iniziato con un po’ di rammarico e l’ammissione di una certa responsabilità per aver contribuito al problema che stavano affrontando. “Jeremy”, avrebbe potuto dire, “la qualità del tuo lavoro è stata al di sotto delle aspettative, in parte per la riluttanza dei tuoi colleghi ad affrontare il tuo umorismo caustico parlando di problemi con te. Mi prendo una parte di responsabilità in questo, perché sono stato riluttante a parlare apertamente di queste difficoltà con te, che sei una persona che mi piace, che rispetto e con cui ho lavorato a lungo”. Riconoscere le proprie corresponsabilità come tecnica, in particolare come incipit del discorso, può essere efficace perché focalizza immediatamente l’attenzione, ma senza provocazioni, sulle cose spiacevoli che chi sta parlando deve dire e che l’ascoltatore deve necessariamente ascoltare.

È sempre una buona tecnica da utilizzare in una conversazione difficile? Direi di no, soprattutto perché non esiste mai una buona tecnica per ogni situazione. Ma in questo caso, avrebbe effettivamente dato il tono giusto alla discussione di David con Jeremy. Rende giustizia ai problemi, rende giustizia a Jeremy, rende giustizia alla loro relazione e anche alle responsabilità di David. Qualsiasi tecnica che esprima stima in una conversazione stressante, in particolare in una conversazione che probabilmente sorprenderà la nostra controparte, deve essere tenuta in alta considerazione. In effetti, la maggiore o minore capacità di parlare con stima può alimentare o smontare una conversione stressante. Ma c’è un aspetto più importante: dopo che Jeremy ha lasciato l’organizzazione, può ancora farle del male diffondendo pettegolezzi o usando la propria conoscenza da addetto ai lavori contro l’organizzazione stessa. Tanto più intollerabile sarà stata la conversazione con David, quanto più Jeremy avrà voglia di farla pagare cara all’organizzazione.

Disarma riaffermando le tue intenzioni

Parte della difficoltà nella conversazione “Cosa sta succedendo qui?” tra Rafael ed Elizabeth è che l’interpretazione errata di Rafael delle parole e delle azioni di Elizabeth sembra essere influenzata dal fatto di rivivere altre conversazioni stressanti che egli ha avuto in passato. Elizabeth non vuole certo psicanalizzare Rafael: in effetti, esplorare l’interiorità di Rafael aggraverebbe questa situazione dolorosa. Quindi cosa può fare Elizabeth per risolvere unilateralmente il conflitto?

Elizabeth ha bisogno di una tecnica che non le imponga di comprendere le ragioni alla base della reazione eccessiva di Rafael, ma che la aiuti a gestire la situazione in modo efficace. “Vedo come hai preso quello che ho detto, Rafael. Non intendevo questo. Esaminiamo di nuovo questo elenco.” Io chiamo questo approccio “il chiarimento” ed è una tecnica altamente disarmante. Usandolo, Elizabeth avrebbe potuto da sola trasformare uno scontro in un momento di intesa. Invece di discutere con Rafael sulle sue sensazioni, lei avrebbe dovuto accettare le sue percezioni della realtà – dopo tutto, sono le sue! – e senza discutere delle sue intenzioni, si sarebbe assunta la responsabilità di ricalibrare le proprie parole in base alle proprie vere intenzioni, tornando, nella conversazione, proprio al punto in cui si erano interrotti. (Per una trattazione più completa sulla disconnessione tra ciò che intendiamo e ciò che diciamo, vedere il riquadro “Il divario tra comunicazione e intento”.)

Questa tecnica funzionerà per Elizabeth indipendentemente dalle motivazioni di Rafael. Se Rafael ha frainteso innocentemente quello che stava dicendo, lei non lo sta attaccando: accetta la sua opinione su ciò che lei ha detto e fatto e si corregge. Se le intenzioni di Rafael sono ostili, Elizabeth non si limita a placarlo, ma accetta la sua percezione e prova a chiarire. Nessuno perde la faccia. Nessuno segna punti contro l’altro. Nessuno parte per la tangente.

Combattere le tattiche, non le persone

Rafael può aver sconcertato innocentemente Elizabeth, ma Karen si stava comportando con estrema astuzia nei confronti di Nick inalberandosi dopo un disastroso incontro con il cliente. Nick non può certo impedirle di usare le tattiche da guastatore con cui lei ha avuto così tanto successo in passato. Ma può separare la persona di Karen dal suo comportamento. Ad esempio, è molto più utile per lui pensare alle reazioni di Karen come tattiche aggressive piuttosto che come sue caratteristiche personali. Se pensasse a Karen come a una persona deviante, ostile, minacciosa, questo dove lo porterebbe? Cosa può mai fare qualcuno riguardo alla personalità di qualcun altro? Ma se Nick vede il comportamento di Karen come una serie di tattiche che lei sta impiegando contro di lui perché hanno funzionato in passato, può pensare di usare tecniche di contrattacco per neutralizzarle.

Il modo migliore per neutralizzare una tattica è darle un nome. È molto più difficile usare una tattica una volta che è stata identificata apertamente. Se Nick, per esempio, avesse detto: “Karen, abbiamo lavorato insieme abbastanza bene per molto tempo. Non so come parlare di cosa è andato storto durante la riunione visto che la tua opinione su ciò che è accaduto e su cosa sta succedendo ora è così diversa dalla mia”, avrebbe cambiato completamente il gioco. Non avrebbe attaccato Karen, né sarebbe rimasto prigioniero delle sue tattiche, ma avrebbe fatto diventare l’aggressività usata da Karen nella conversazione il problema centrale.

Identificare apertamente una tattica, in particolare una aggressiva, la disinnesca anche per un’altra ragione. Spesso pensiamo a una controparte aggressiva come a qualcuno che desidera una discussione continua, o addirittura senza fine, ma non è così. Le persone hanno solo determinati livelli di aggressività con cui si sentono a proprio agio e sono riluttanti ad alzare il tiro. Finché Nick non riconosce e smaschera le tattiche di Karen, lei può usarle quasi inconsapevolmente, almeno in una certa misura. Ma se Nick ne parla, sarebbe necessaria una maggiore aggressività da parte di Karen per continuare a usare le stesse tattiche e se lei si trova vicino alla sua soglia limite non proseguirà perché ciò la metterebbe a disagio. Nick potrebbe non essere in grado di fermare Karen, ma lei stessa potrebbe essere indotta a fermarsi da sola.

Le persone pensano che le conversazioni stressanti siano inevitabili. E loro sono. Ma ciò non significa che debbano avere esiti sgradevoli. Pensiamo a una mia cliente, Jacqueline, l’unica donna nel consiglio di amministrazione di una società di ingegneria. Era sensibile a ogni piccola osservazione sulle donne negli affari e considerava un membro del consiglio, Richard, deliberatamente insensibile. Lui ribatteva dicendole ripetutamente che una femminista e, in questa particolare occasione, stava raccontando una barzelletta sessista.

Non era la prima volta che accadeva qualcosa del genere e Jacqueline avvertiva la solita cacofonia interna di reazioni. Ma poiché sapeva che questa era una situazione stressante per lei, Jacqueline era pronta. Prima di tutto, lasciò che la battuta restasse nell’aria per qualche secondo e poi tornò alla questione di cui stavano discutendo. Quando Richard non lasciò perdere, ma provò a stuzzicarla di nuovo – “Dai, Jackie, era uno scherzo” – Jacqueline rimase ferma sulle proprie posizioni. “Richard”, disse, “questo tipo di umorismo è divertente e innocuo per te, ma mi fa sentire messa da parte.” Jacqueline non aveva bisogno di aggiungere altro. Se Richard avesse continuato a insistere, avrebbe perso la faccia. Infatti, fece un passo indietro: “Beh, non vorrei che mia moglie venisse a sapere del mio cattivo comportamento una seconda volta”, ridacchiò. Jacqueline rimase in silenzio. Lei aveva ottenuto il proprio risultato e non c’era bisogno di metterlo in imbarazzo.

Le conversazioni stressanti non sono mai facili, ma possiamo tutti stare meglio se, come Jacqueline, ci prepariamo sviluppando una maggiore consapevolezza delle nostre fragilità e anche alcune tecniche più efficaci per gestire noi stessi. I consigli e gli strumenti descritti in questo articolo possono essere utili per ridurre unilateralmente la tensione nelle conversazioni stressanti. Tutto quello che dovete fare è provarli. Se una tecnica non funziona, provatene un’altra. Trovate frasi che vi sembrano naturali. Ma continuate ad allenarvi: troverete ciò che funziona meglio per voi.

Originale pubblicato nel 2001

L’idea in breve

Le conversazioni stressanti sono inevitabili nella vita. Nel mondo degli affari, possono andare dal licenziare un subordinato a, curiosamente, ricevere una lode. Ma qualunque sia il contesto, le conversazioni stressanti portano con sé un pesante carico emotivo. In effetti, le conversazioni stressanti causano così tanta ansia che la maggior parte delle persone semplicemente le evita. Tuttavia, può essere estremamente pericoloso scansare delle rogne, placare delle persone difficili o attenuare degli antagonismi: evitare una grana, di solito, peggiora solo il problema o rovina una relazione. Utilizzando esempi chiari di tre tipi di conversazioni stressanti di base in cui le persone incappano spesso sul posto di lavoro, l’autrice spiega come i manager possano migliorare unilateralmente quelle interazioni. Per cominciare, dovrebbero affrontare queste situazioni con una maggiore consapevolezza di sé. La costruzione di una buona consapevolezza non implica di certo un’autoanalisi senza fine, ma significa, in gran parte, rendere semplicemente più esplicita la conoscenza inespressa di se stessi. Sapere come reagite in una situazione stressante vi insegnerà molto sulle vostre aree problematiche e può aiutarvi a padroneggiare le situazioni stressanti. L’autrice consiglia anche di provare in anticipo le conversazioni difficili per mettere a punto la scelta delle parole e il tono. Sappiamo tutti, per le esperienze passate, quali tipi di conversazioni e persone gestiamo male. Il trucco è avere pronte delle tattiche conversazionali per affrontare quelle determinate situazioni.

L’idea in pratica

Tipi di conversazioni stressanti

Al lavoro, le conversazioni stressanti assumono varie forme:

  1. “Ho cattive notizie per te.” – Ad esempio, dovete criticare le prestazioni di un dipendente.
  2. “Cosa sta succedendo qui?” – Inaspettatamente, una conversazione diventa intensamente emotiva.
  3. “Mi stai attaccando!” – Qualcuno vi colpisce con volgarità, urla o altre mosse aggressive e accusatorie.

Prepararsi alle conversazioni stressanti

  1. Identificate i vostri punti deboli verso persone o situazioni particolari. Eviterete di soccombere ai vostri sentimenti o di ignorare i vostri bisogni durante una conversazione stressante.
  2. Sapere come voi reagite al sentirvi vulnerabili. Ringhiate al vostro interlocutore prepotente? Vi spegnete quando vi sentite esclusi? Conoscendo i punti deboli, potrete prevedere le vostre vulnerabilità e migliorare le vostre risposte.
  3. Con un amico onesto e non giudicante provate risposte chiare, neutre ed equilibrate. Estraniatevi da tutto ciò che state pensando (emozioni e tutto il resto), quindi affinate la vostra scelta delle parole fino a quando non esprimerà il vostro messaggio, in modo onesto, ma non minaccioso. Eliminate i comportamenti emotivamente carichi. Scrivete appunti sulle vostre risposte per ricordarle più tardi.

Gestire conversazioni stressanti

La preparazione non è abbastanza. Durante una conversazione stressante, usate queste mosse:

Conversazione stressanteMossaMotivazione delle mossaEsempio
“Ho cattive notizie per te.”Onora il tuo partner: inizia riconoscendo la tua responsabilità nel problema.Aiuterai il tuo interlocutore ad accettare il tuo messaggio difficile, senza provocarlo.David deve dire a Jeremy che il suo umorismo crudele mette a disagio i colleghi. David dice,”Mi prendo la mia parte di colpa, perché sono stato riluttante a parlare apertamente con te di queste difficoltà”.
“Cosa sta succedendo qui?”Disarma il tuo partner: concedi al tuo partner le sue percezioni e riafferma le tue intenzioni.Trasformerai il confronto in accordo senza cedere sulle tue ragioni. Nessuno perderà la faccia.Elizabeth elenca le attività da svolgere in un progetto su una lavagna bianca e dice: “È così?” Rafael sbuffa, “Chi ti ha detto di assegnare lavoro a me?” 
Elizabeth dice: “Posso capire perché hai preso quello che ho detto in quel modo. Non intendevo questo. Esaminiamo di nuovo questo elenco “.
“Mi stai attaccando!”Combatti le tattiche, non le persone: dai un nome alla tattica aggressiva che il tuo partner sta usando.Neutralizzerai la tattica senza passare all’offensiva o esserne intimidito.Quando Karen sbaglia una presentazione e avverte la disapprovazione del suo collega Nick, lo attacca con violenza. Lui le dice: “Non so come parlare di cosa è andato storto. La tua opinione su quello che è successo è così diversa dalla mia.”

Il DNA delle conversazioni stressanti

LE TECNICHE CHE HO IDENTIFICATO per gestire le conversazioni stressanti contengono tutte tre ingredienti apparentemente semplici che sono necessari per far sì che le conversazioni stressanti abbiano buon esito. Questi sono la chiarezza, la neutralità e l’equilibrio, e sono i mattoni di ogni buona comunicazione. Padroneggiarli aumenterà le vostre possibilità di rispondere bene anche durante le conversazioni più tesa. Diamo un’occhiata a ciascuno dei componenti separatamente.

Chiarezza significa lasciare che le parole facciano il lavoro per noi. Evitate l’eufemismo o i giri di parole e spiegate chiaramente alle persone cosa intendete dire: “Emily, dal punto di vista della tua famiglia, la casa di cura della Somerset Valley sarebbe la sistemazione migliore per tuo padre, ma la sua pensione non la copre.” Sfortunatamente, dare un contenuto chiaro quando la notizia è cattiva è una cosa particolarmente difficile da fare. In circostanze tese, tutti tendiamo ad evitare la chiarezza perché la equipariamo alla brutalità. Invece, spesso, diciamo cose del tipo: “Allora, Dan, non siamo ancora sicuri di cosa accadrà con questo lavoro, ma in futuro terremo gli occhi aperti.” Questo è uno sfuggente – e terribilmente fuorviante – modo di informare qualcuno che non ha ottenuto la promozione che stava aspettando. Eppure non c’è nulla di intrinsecamente brutale nell’onestà. Non è il contenuto, ma il modo di esprimerlo che lo rende brutale o umano. Basta che chiediate ad un chirurgo, ad un prete o a un poliziotto. Se un messaggio viene espresso nel modo giusto, anche se le notizie non sono buone, il contenuto può essere comunque sopportato. Quando un dirigente, ad esempio, dice direttamente ad un subordinato che “la promozione è andata a qualcun altro”, è probabile che la notizia sia altamente spiacevole e le reazioni più probabili saranno tristezza, rabbia o ansia. Ma se il contenuto è chiaro, l’ascoltatore può iniziare ad elaborare le informazioni. In effetti, dare chiarezza al contenuto alleggerisce il peso per la controparte anziché aumentarlo.

Il tono è la parte non verbale della comunicazione nelle conversazioni stressanti. Comprende l’intonazione, le espressioni facciali ed il linguaggio del corpo conscio e inconscio. Sebbene sia difficile avere un tono neutro quando proviamo sentimenti forti, la neutralità è lo standard richiesto nelle comunicazioni di crisi, comprese le conversazioni stressanti. Considerate la tradizionale neutralità comunicativa della NASA. Indipendentemente da quanto sia terribile il messaggio, la NASA comunica il suo contenuto in toni asettici: “Houston, abbiamo un problema”. Ci vuole pratica per acquisire tale neutralità. Ma un tono neutro è il modo migliore per iniziare quando una conversazione diventa stressante.

Un linguaggio equilibrato è l’ultimo elemento di questo triumvirato di abilità. L’inglese è una lingua molto vasta e ci sono molti modi diversi per dire ciò che dovete dire. Alcune di queste espressioni sono equilibrate, mentre altre provocano la reazione della vostra controparte allo scopo di respingere le vostre parole e il loro contenuto. Negli Stati Uniti, ad esempio, alcune delle frasi più destabilizzanti ruotano attorno alle minacce di contenzioso giudiziario: “Se non mi dai un assegno entro il 23 aprile, sarò costretto a chiamare il mio avvocato”. Frasi come questa rendono incandescenti tutte le conversazioni, in particolare in quelle tese. Ma ricordiamoci sempre che non siamo in conversazioni stressanti per guadagnare punti o per farci dei nemici. L’obiettivo è quello di fare progredire la conversazione, ascoltare ed essere ascoltati con attenzione, per avere un dialogo funzionale tra due persone. Quindi la prossima volta che volete gridare a qualcuno “Smetti di interrompermi!” provate con questo: “Puoi aspettare un minuto? Vorrei finire, prima di perdere il filo.” Un linguaggio equilibrato vi aiuterà a liberarvi da una conversazione stressante.

Il divario tra comunicazione e intenzione

UNA DELLE SITUAZIONI PIÙ COMUNI nelle conversazioni stressanti è che tutti iniziamo a fare troppo affidamento sulle nostre buone intenzioni. Quando il mercurio nel termometro emotivo sale, presumiamo che le altre persone capiscano automaticamente cosa intendiamo. Diamo per scontato, ad esempio, che le persone sappiano che abbiamo buone intenzioni. In effetti, le ricerche mostrano che nelle conversazioni stressanti, la maggior parte degli oratori suppone che l’ascoltatore creda nelle loro buone intenzioni, indipendentemente da ciò che dice. Le intenzioni, però, non possono mai essere così potenti nella comunicazione e certamente non lo sono nelle conversazioni stressanti.

Per capire cosa intendo, pensate all’ultima volta che qualcuno vi ha detto di non prendere qualcosa nel modo sbagliato. Questa frase potrebbe essere stata pronunciata in modo abbastanza sincero dall’oratore, tuttavia, la maggior parte delle persone reagisce automaticamente irrigidendosi e aspettandosi qualcosa di almeno leggermente offensivo o aggressivo. In effetti, questa è precisamente la reazione che otterrà sempre quella frase. Perché la regola più semplice per le conversazioni stressanti è che le persone non afferrano le intenzioni nonostante le parole, ma capiscono le intenzioni attraverso le parole. Nelle conversazioni stressanti, in particolare, l’enfasi è su ciò che viene effettivamente detto, non su ciò che intendiamo o sentiamo. Questo non significa che chi partecipa a conversazioni stressanti non abbia sentimenti o intenzioni che debbano essere considerati importanti e di valore. In effetti, gli interlocutori li considerano tali. Ma quando parliamo di persone in una comunicazione stressante, stiamo parlando della comunicazione tra le persone e non delle loro intenzioni.

Certo, in conversazioni difficili potremmo tutti desiderare di non dover essere così espliciti. Potremmo desiderare che l’altra persona capisca cosa intendiamo anche se non lo spieghiamo. Ma questo significa confondere i ruoli, pretendendo che l’ascoltatore debba interpretare invece che l’oratore sforzarsi di comunicare. In tutte le conversazioni, ma specialmente in quelle stressanti, siamo tutti responsabili di comunicare esattamente quello che vogliamo dire. Alla fine, è molto più dignitoso che un dirigente dica chiaramente a un dipendente: “Corey, ho preparato una nuova scrivania per te e sei settimane di servizio di ricollocamento, perché non sarai con noi dopo la fine di luglio.” Costringere qualcuno a indovinare le tue intenzioni non fa che prolungare la sua agonia verso un esito inevitabile.